Moko: “Gli amanti della F1 come gli altri sono amanti dell'arte”

È una saga africana alla quale vi invitiamo, con Moko, il più colorato, appassionato, intrigante, sorprendente dei fanatici della F1.

pubblicato 07/04/2022 à 17:00

Jean-Michel Desnoues

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Moko: “Gli amanti della F1 come gli altri sono amanti dell'arte”

Moko © Bernard Asset

Ciao Moko! Come sempre, mostri i tuoi colori...

Su questa giacca Ferrari, l'ho appuntata con tutte le bandiere del Cavallino Rampante campioni del mondo. L'unico che ho aggiunto è stato Gilles Villeneuve, perché aveva un posto grande nel cuore del vecchio Enzo. Il Commendatore non ha mai lasciato la sua roccaforte Maranello, e ne ha fatto un cavallo di battaglia globale.

Viene da dove questa passione per F1 in generale e per la Scuderia in particolare?

Sono originario del Senegal. E tutto cominciò lì, quando la “macchina” mi arrivò grazie a questo italiano modenese emigrato nel mio Paese nel dopoguerra, negli anni 1940. Si chiamava Ido Ricchetti. Come tutti gli espatriati dell'epoca, si avvicinava al mio villaggio natale, Thiès, per fare le gimcane. Ci ho partecipato ogni domenica. Ricchetti guidava una macchinina che mi ricordava una tartaruga, a Alfa Romeo Zagato. Elle était tellement jolie que j’ai décidé de supporter le monsieur. Je ne sais pas comment il l’a su, mais il a tenu à me rencontrer et, à chaque nouveau gymkhana, il m’emmenait faire un petit tour. Ce monsieur qui a œuvré énormément pour la reconstruction du Sénégal, s’est lancé avec d’autres expatriés dans l’organisation des 6 heures de Dakar dans les années 1970 où j’ai eu la chance de croiser des pilotes venus de France, dont Anny-Charlotte Verney. La fascination est partie de là. Je me souviens d’elle en particulier, car c’était la première fois que je voyais une femme pilote automobile. Un jour, j’ai quitté mon village pour aller voir ce Monsieur Ricchetti à Dakar, et lui dire mon intention de devenir pilote. Il m’a expliqué que les gymkhanas, c’était juste un amusement du dimanche, que devenir pilote de course, c’était autre chose… Il m’a pris en amitié et, en quelque sorte, je me suis fait adopter. Quand

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