Gran Premio del Giappone – Rubrica di Julien Fébreau

Julien Fébreau, presentatore della F1 su Canal+, ripercorre le polemiche legate al Gran Premio del Giappone a Suzuka

pubblicato 12/10/2022 à 09:00

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Gran Premio del Giappone – Rubrica di Julien Fébreau

La cronaca di Julien Fébreau - CANAL+: Bandiera rossa!

A poche ore dall’arrivo di questo Gran Premio del Giappone, la mia mente fluttua tra rabbia, frustrazione e incomprensione. Non proprio le emozioni che speravo di provare e condividere con i nostri abbonati Canal+. Un giorno di incoronazione mondiale, per di più.

Così frustrato! Con questo finale troncato, durante il quale anche la squadra del nuovo due volte campione del mondo ha avuto bisogno di un mezzo giro per assicurarsi che la gara fosse finita, è colpa della bandiera a scacchi presentata troppo presto.

Red Bull che ha anche impiegato diversi minuti per confermare al suo pilota che finalmente gli era stato assegnato il titolo dopo che tutti i punti erano stati assegnati. I regolamenti sono stati, nel caso specifico, sicuramente rispettati, ma visti i giri percorsi in Giappone in queste condizioni meteo, l'assegnazione di tutti i punti ha lasciato di stucco molti osservatori.

La rabbia e la reminiscenza di ricordi tristi mi vengono mentre osservo i primi due giri della gara Pierre Gasly. Uscito dai box dopo il resto del gruppo, il francese è rientrato in pochi istanti e la visibilità è diventata quasi nulla. A questo punto sorge spontanea la domanda se non sarebbe stato necessario, come minimo, imporre ai piloti di partire con gomme da bagnato “estreme” come avverrà durante la seconda partenza.

Ma appena il tempo di riflettere sull'argomento, troviamo Pierre Gasly che arpiona un enorme pannello pubblicitario staccatosi da un muro di protezione in seguito all'incidente di Carlos Sainz prima. Altro argomento di studio oltre a quello di queste grandi placche che troppo facilmente si staccano dalle pareti in caso di contatto.

Quando Pierre rientra ai box per liberarsene e tornare in pista con una nuova ala anteriore, la Safety Car è già schierata in Giappone. Con gomme Rain, il francese cerca di rientrare nel gruppo il più velocemente possibile e scopre all'ultimo momento, alla sua sinistra, una gru impegnata a evacuare il Ferrari dallo spagnolo. La sua reazione in radio è immediata e senza filtri. La sua rabbia, fredda e legittima.

Com'è possibile che a Suzuka, sotto la pioggia, non sia necessaria la massima vigilanza quando tutto ci riporta alle drammatiche circostanze dell'incidente di Jules Bianchi nel 2014? Vedere Pierre Gasly passare così vicino a questa gru è spaventoso. La visibilità così bassa, i rischi di aquaplaning così grandi.

Certo, il regime della Safety Car e quello della bandiera rossa consentono l'intervento in pista di mezzi tecnici o sanitari, ma il buon senso, ancora una volta, non ha prevalso nel caso in questione in Giappone e la valutazione del rischio, mentre la sola -i posti erano ancora in pista, ai miei occhi non era sufficiente. Non c'era alcuna urgenza di mandare in pista questi veicoli d'intervento.

Finalmente se Toto Wolff ha chiesto alla FIA, alcuni mesi fa, di proteggere i team da se stessi nella questione del porpoising, poiché preferiscono lasciare che i loro piloti si prendano dei rischi piuttosto che aumentare l'altezza dei loro telai, sarebbe bene che lo stesso valesse per i piloti che continuano guidare troppo velocemente per raggiungere il gruppo in caso di intervento della safety car.

In un'epoca in cui il GPS è incredibilmente preciso, come non è ancora possibile rallentare drasticamente le auto nel punto preciso in cui intervengono veicoli e commissari di pista particolarmente esposti al pericolo?

Sicurezza dentro F1 può sempre essere migliorato, così come i regolamenti. Suzuka ci ha messo ancora una volta di fronte a situazioni che ci impongono di riflettere e ripensare profondamente certe azioni. Per caso, o per miracolo, nessuno ha dovuto pagare il prezzo pesante: quello di una vita.

 

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