Le menti più scherzose non mancheranno di far notare che c'era Ferrari nella disgregazione del muretto Mercedes in Messico. I più cartesiani sosterranno semplicemente che non c'è niente di meglio dell'abitudine dei vertici di restare lucidi nonostante la mancanza di ossigeno propria di questi momenti decisivi che portano a vittorie e sconfitte, soprattutto a 2241 metri di altitudine, in una capitale messicana. dove l'aria è rarefatta come un errore Max Verstappen. La lezione di questo Gran Premio è che puoi aver passato otto lunghi anni a disgustare la concorrenza, prendendo la decisione migliore 20 volte l'anno, al momento giusto, la domenica, senza che questo garantisca il ritorno del mojo quando la tua macchina deciderà finalmente di farlo. ritrovare un po' di colore dopo otto mesi trascorsi nell'ombra. Non si torna indietro in un batter d'occhio dalla tranquillità delle battaglie per la Top 5 alla vertigine delle lotte per la vittoria. In Messico, prima che gli strateghi si bagnassero i piedi, tutto lasciava pensare che la Mercedes avesse finalmente la possibilità di ottenere quella maledetta vittoria, quella che le sfuggiva dall'inizio della stagione, dopo essere arrivata vicinissima ad Austin (USA).
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