Quando entro nel piccolo e disordinato box del circuito Dijon-Prenois, a auto spogliato, realizzato in carbonio e acciaio, schiarisce la voce del suo piccolo V6 con testate blu. La sottile pelle in fibra di vetro, in un unico pezzo, del Renault RE40 poggia nelle immediate vicinanze su due cavalletti.
Oltre ai colori di guerra gialli, bianchi e neri, un dettaglio cattura la mia attenzione: un discreto “ Prost » affiancato da una bandiera tricolore. I gas di scarico mi prendono la gola, mi pizzicano gli occhi, le dita affondate nelle orecchie non bastano ad alleviare il dolore ai timpani e, tuttavia, la mia mente è ipnotizzata da questa decalcomania di cinque lettere.
La scena probabilmente non sarebbe così radicata nella retina dei miei occhi se non indossassi un completo e non mi aspettassi di pilotare la stessa macchina per i prossimi cinque minuti. Ci sono esperienze che ti scuotono, ti sconvolgono e segnano la tua vita con un ferro rovente. Prendi il comando di a Harley Knucklehead 1, per la prima volta, non esce intatto. Oltre all’interrogativo esistenziale che consiste nel chiedersi come ho potuto trovarmi in una situazione del genere, dubito delle mie capacità di domare una macchina del genere.
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