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Wout van Aert non smette mai di sorprendere con la sua estrema versatilità, che gli permette di trionfare su tutti i terreni. Un profilo che ricorda le leggende del passato mentre una nuova generazione, meno stereotipata, ha deciso di entrare con il botto nel ciclismo moderno. Ritratto di un corridore anacronistico.

pubblicato 26/12/2022 à 14:00

Valentino GLO

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Wout van Aert con la maglia gialla sul pavé della 5a tappa del Tour de France 2022 (Foto: Red Bull Content Pool)

È il prototipo del corridore definitivo. Se è un po' più vecchio del connazionale Remco Evenepoel (recente campione del mondo) o dello sloveno Tadej Pogacar (due volte vincitore del Tour), Wout van Aert è la punta di diamante di una nuova ondata che sta mandando in frantumi i codici che il ciclismo moderno aveva imposto stessa dall'inizio degli anni 90. Da trent'anni i condannati della strada sono diventati ultra-specializzati: dagli scalatori ai velocisti passando per i pugili, gli appassionati delle cronometro o delle classiche sul pavé. Wout van Aert è tutto questo allo stesso tempo. Un mostro fisico di 79 metri e 2021 kg, capace di vincere una tappa in un unico Tour de France con due salite del Mont Ventoux, una cronometro individuale e lo sprint sugli Champs-Élysées, come è avvenuto nel XNUMX.

Questo tre volte campione del mondo di ciclocross è cugino di un ex ciclista olandese, Jos van Aert, professionista dal 1988 al 1994 che non ha raggiunto gli stessi livelli del fratello minore. Il maggiore partecipò ancora quattro volte al Tour de France dal 1989 al 1992, senza mai provare le gioie di una vittoria di tappa (87e della classifica generale del 1992 come miglior risultato finale). Non lo è nato nella terra del ciclismo, a Herentals, in Belgio. Questa città di 28 anime dove sulla piazza principale troneggia dal 000 la statua di una vera leggenda del ciclismo belga, Rik van Looy. Soprannominato “L'Imperatore di Herentals”, quest'ultimo ha un enorme track record in cui non c'è niente di meno che 7 tappe del Tour de France, 12 del Giro d'Italia, 18 del Giro di Spagna, e 8 successi nelle più grandi corse di un giorno (Milano-Sanremo 1958, Giro delle Fiandre 1959 e 1962, Parigi-Roubaix 1961, 1962 e 1965, Liegi-Bastogne-Liegi 1961, Giro di Lombardia 1959).

Van Looy rientra così nella ristrettissima cerchia dei vincitori dei 5 Monumenti con Eddy Merckx e Roger de Vlaeminck. La sua parola è tanto rara quanto preziosa, tanto che quando si prende il tempo per elogiare il suo giovane connazionale sulle colonne di il team pochi giorni dopo la sua impresa a Ventoux, lo leggiamo religiosamente. “Ho guardato il palco in televisione a casa, ammette. Pensavo che la sua gara fosse stata davvero fantastica. Ha compiuto un'impresa eccezionale, vero? È un grande corridore e so che con lui tante imprese di questo tipo sono ancora possibili (…) È un vero piacere vedere un corridore come lui vincere in questo modo, partire da solo e vincere senza concedere nulla, fino al momento in cui FINE (…)" Parole forti per chi lo considera un mito vivente…

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Valentino GLO

Giornalista. Reporter di endurance (WEC, IMSA, ELMS, ALMS) e talvolta F1 o IndyCar.

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